Soroca, un castello dominato dalla collina degli zingari

Soroca
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Decidere di fare un viaggio in Moldova significa per forza di cose passare da Soroca. Una cittadina di cui viene da chiedersi perché non sia stata ancora inserita tra i patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Le sue attrazioni sono uniche e farsi anche quasi tre ore di macchina da Chișinău verso nord è un’esperienza da provare. Belli i paesaggi rurali che si attraversano già dopo Orhei fin quando ci appare la scultura che indica l’inizio della città, un elemento tipico di tutta la Moldova. Qualche tornante in discesa per ammirare sulla sinistra il monumento chiamato la ‘candela della gratitudine‘, eretta nel 2004 per ringraziare tutti i moldavi che hanno contribuito a mantenere le tradizioni, la storia e l’identità di quest popolo. Per arrivarci ci sono centinaia di scalini da fare, quindi serve arrivarci preparati!

Continuando il tragitto si arriva invece al castello di Soroca. Meraviglioso anche perché è frutto di un intervento di recupero che ha permesso di poterlo percorrere a piedi in maniera completamente circolare e su più livelli, dando proprio l’impressione di essere tornati nel Medioevo. È stato un peccato non aver affrontato la visita assieme a Nicolae Bulat, la memoria storia del castello e suo direttore, il quale, ci dicono, starebbe a ore a raccontare vita morte e miracoli di questo luogo. Magari se voi ci tornerete, fatelo, così mi saprete raccontare.

Il castello di Soroca risale al 1499 ed è stato ristrutturato negli ultimi anni anche grazie a fondi europei. La sua posizione è strategica: si trova di fronte al fiume Nistro in un punto in cui segna il confine con l’Ucraina. Sull’altra sponda si vede infatti la cittadina di Tsekynivka, collegata alla Moldova con un simpatico battello che possiamo vedere anche dal castello. Dentro le mura di Soroca si possono trovare anche delle ricostruzioni di come poteva presentarsi quando veniva utilizzato come presidio militare, e anche cose curiose come pannelli dove infilare la testa e farsi foto sembrando un guerriero del Medioevo (un po’ come a Cittadella).

Il giro del castello, dove nel giorno della nostra visita abbiamo beccato anche un matrimonio (e si sa come i matrimoni impreziosiscano il photobook di un reporter di viaggio) ci permette anche di avere un antipasto di ciò che ci aspetta successivamente: la Collina degli Zingari. In Italia l’immagine che si ha solitamente è quella dei gitani, senza una fissa dimora, di carovane di persone. Qui siamo invece di fronte a una comunità stanziale, arrivata centinaia di anni fa dall’India (XVI secolo), a cui i moldavi hanno tenuto considerazione e nei tempi delle battaglie del Cinquecento ebbero un ruolo chiave come forgiatori di armi da fornire ai soldati. Gli zingari sono abili commercianti e specialmente con i sovietici hanno sempre fatto buoni affari. Arricchendosi hanno dato vita a una cittadina dentro Soroca in cui hanno costruito case sfarzose e appariscenti, con cupole dorate, capitelli, forme stravaganti. Una sembra addirittura la Casa Bianca di Washington DC.

Il contesto è curioso perché queste ville si trovano comunque lungo strade strette e sterrate e questo crea un certo contrasto. Ci sono anche immobili di puro stile sovietico, costruiti dai russi come case popolari ai tempi dell’URSS. Ma il piatto forte arriva dove meno te lo aspetti: al cimitero. Le tombe degli zingari sono sfarzose e appariscenti: sulle lapidi vengono incisi i ritratti dei defunti, talvolta a tutta altezza. Le tombe più vicine all’ingresso sono le più costose e sono simbolo di potere. Abbiamo anche avvertito la presenza di un funerale, scandito da musiche suonate da ottoni di marcato stile gipsy. Atmosfera che si descrive forse meglio con le immagini che a parole.

Per non annoiarvi abbiamo ridotto il racconto di Soroca a una sintesi estrema. La varietà di cose da vedere è molta e spero che questo stimoli la curiosità degli italiani di venire a conoscere la Moldova, mai valorizzata purtroppo come meriterebbe per le sue bellezze, la sua accoglienza e la sua piacevole semplicità.

(si ringraziano per l’articolo Cristina Rus e Ivan Marchisio)

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